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Tessera Lega Grifo |
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03:21 20-04-2016
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IL TECNICO CHE CAMBIO' L'ITALIA.
Vi racconto un momento di svolta davvero copernica del calcio italiano. Il tecnico che probabilmente più di ogni altro, ci ha fatto uscire da decenni di isolamento tattico. Però al tempo stesso bisogna anche eliminare alcuni luoghi comuni, qui non parliamo di moduli, il 4-4-2 o similari esistevano già prima, parliamo di un'Idea. Gli spazi da marcare sul campo sono gli stessi da decenni, ma Sacchi ribalta il concetto: non si marca l'uomo, si attacca lo spazio. Arrigo è maniacale e perfezionista, vuole che i suoi giocatori sappiano a memoria quello che poi dovranno fare in campo, i movimenti sono da ripetere sino a che non saranno automatici in ciascuno. Ha vinto meno di altri perchè spremeva troppo in fretta le sue squadre, vuole solo giocatori disciplinati e che credano fermamente nel progetto, la squadra prima del singolo, l'idea di gioco prima dello schema, il dover vincere dominando gli avversari prima di tutto. Fatica inizialmente, ma quando ingrana il suo Milan è uno spettacolo, quando riprende palla ed attacca si assiste a delle vere e proprie migrazioni di massa, uno spettacolo mai visto perlomeno in Italia. Dove la palla cade si deve essere sempre in superiorità numerica, un assunto quest'ultimo a cui Sacchi non è mai venuto meno. Critica aspramente la cultura italiana, quel correre indietro anzichè in avanti, ha un fanatismo con pochi eguali, alcuni tratti del carattere lo avvicinano a Mourinho. Ma il portoghese non ha teorizzato praticamente nulla, Sacchi semplicemente ha reso diverso il gioco e la sua mentalità. E come tutti i capolavori, quasi mai sono replicabili, quando si rende conto di non essere più in grado di ripetere il passato, si defila semplicemente dal calcio. Avrebbe potuto guadagnare milioni di euro facilmente, ma resosi conto d'essere stato normalizzato ed oramai capito dal sistema, ha scelto di non voler intaccare il suo Mito. Poco simpatico ai colleghi per la sua "spocchia"; per non essere stato un calciatore, ma soprattutto per aver costretto l'intera classe degli allenatori ad inseguirlo su sentieri impervi e rischiosi, come le sue idee di allora, geniali ed epocali. |
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07:19 13-04-2016
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SILVIO E LO SGARBO A SINISA.
Brocchi di nome e di fatto, la sinonimia è servita. Nella cena di Arcore, indigesta a chi non l'ha nemmeno gustata. Chi la fa, l'aspetti. Circa un anno fa le parti erano invertite per Sinisa, nel ruolo di lupo a fare lo scalpo ad Inzaghi. E se per Pippo la discriminante era stata l'inesperienza, al serbo viene imputato un feeling mai sbocciato con Berlusconi, due galli nello stesso pollaio storicamente sono destinati ad una convivenza turbolenta. Come la stagione del Milan, l'ennesima a dir la verità da qualche campionato a questa parte, a cui non basterà certo un eventuale Coppa Italia vinta per archiviarla positivamente. Eppure sembrava essere tornata la voglia di spendere, da un parametro 0 a Carlos Bacca vi era una differenza che giustificava un seppur cauto ottimismo. Invece no, la pattuglia rossonera è migliorata ma non a tal punto da gratificare il padrone del vapore. Berlusconi è schiavo dell'idea, attualmente utopica e fuorviante, di un Milan padrone del gioco e del mondo. Sono cambiati i tempi, il calcio ed anche lui stesso. Serve qualcuno che glielo vada a dire, il punto focale è proprio questo. Non facile, circondato come è da servi e scudieri, arrivato talmente in alto nella piramide sociale da non poter essere contraddetto. In tutto questo dispiace per Brocchi, sarà eventualmente solo uno dei tanti alibi da aggiungere al listone. Christian non poteva dire no, ma sa benissimo che il rischio di bruciarsi è altissimo. Non ha obiettivi, tranne una gara secca contro una squadra nettamente più forte, dentro di sé è perfettamente conscio che è stato messo lì unicamente per fare uno sgarbo a Sinisa, l'umiliazione dell'esonero invece evitata ad Inzaghi nonostante un rendimento assai peggiore. In bocca al lupo Christian, schiavo di un padrone che con il passare dell'età sembra aver perso decisamente contatto con la realtà. |
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03:18 11-04-2016
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Per alcuni si tratta di sola fortuna, quasi equivalente di un lancio di un dado, per altri invece la materia può addirittura essere trattata
su basi scientifiche. Da qualunque parte stiate, PER VOI DIECI CALCI DI RIGORE CHE HANNO FATTO EPOCA. 10. MARTIN PALERMO, ARGENTINA-COLOMBIA 0-3. Coppa America 1999. Un'impresa unica nel suo genere, sbagliare tre rigori nella stessa partita non è per nulla semplice, lui ce la fa. Traversa, alto, parato. 9. ANTONIO CABRINI, ITALIA-GERMANIA 3-1. Mondiali 1982. Il rigorista Antognoni non c'è, batte lui e calcia a lato. Attualmente, il primo ed unico errore dagli undici metri di una Finale Mondiale. Fortunatamente senza conseguenze, nel secondo tempo gli Azzurri prima sbloccano con Rossi, poi alzano la Coppa. 8. PELE', VASCO DA GAMA-SANTOS 1-2. 1969. Un rigore come tanti. Ma, appena la sfera varca la linea, tifosi e fotografi invadono il campo per celebrare il momento. Ha appena segnato il millesimo centro in carriera. " O Milésimo ". 7. SOUTHGHATE, GERMANIA-INGHILTERRA 1-1 (7-6 RIG.) Euro 96. Probabilmente Lineker aveva ragione. A trent'anni di distanza dal Mondiale vinto in casa, gli inglesi sognano la finale di Wembley. Ma si ripete il copione di Italia 90, dopo una lunghissima serie di rigori, Southgate pone fine alle speranze dei sudditi di Sua Maestà. 6. JUGOVIC, JUVENTUS-AJAX 1-1 (5-3 RIG). Champions League 1995-1996. I bianconeri ai punti avrebbero stravinto in partita, ma l'attacco divora occasioni su occasioni e così si va ai rigori. Lui si prende la responsabilità del quarto, che risulterà decisivo. Juventus sul tetto d'Europa per la seconda ed al momento ultima volta. 5. SHEVCHENKO, MILAN-JUVENTUS 0-0 (3-2 RIG.) Champions League 2002-2003. Sino a questo momento risulta essere l'unica finalissima di Coppa dei Campioni tutta italiana. Tocca a lui, uno sguardo all'arbitro ed uno a Buffon, poi parte sicuro e manda in delirio i tifosi rossoneri. 4. PANENKA, CECOSLOVACCHIA-GERMANIA OVEST 2-2 (7-5 RIG.) Europeo 1976. Storico titolo, battuta in finale la squadra allora campione del mondo in carica. Panenkà serve ai teutonici il primo "cucchiaio" della storia, ingannando un signor portiere all'epoca come Sepp Maier. 3. TERRY, CHELSEA-MANCHESTER UNITED 1-1 (6-7 RIG.) Champions League 2007-2008. L'ultimo passo, letteralmente. Gli basta segnare il rigore per alzare la prima coppa dei campioni della storia del club. Sotto il diluvio, gli scivola il piede d'appoggio e la palla si allarga troppo finendo sul palo. Come le speranze Blues. 2. GROSSO, ITALIA-FRANCIA 1-0 (6-4 RIG.) Mondiali 2006. Gli azzurri partono bene, nel primo tempo creano diversi occasioni, ma alla distanza vengono soverchiati dai transalpini, come disse a fine gara lo stesso Domenech, l'Italia sarebbe potuta uscire indenne solo se fosse arrivata ai rigori. E così fu. Il penalty decisivo tocca a Fabio Grosso, chi se non lui, l'eroe della semifinale con la Germania e decisivo anche agli Ottavi contro l'Australia. Barthez spiazzato e quarto alloro in bacheca. 1. BAGGIO, ITALIA-BRASILE 0-0 (2-3 RIG). Mondiali 1994. Il calcio sa essere anche crudele, al momento di maggior apice della sua carriera, Roberto aveva letteralmente trascinato in finale la claudicante pattuglia di Sacchi, ma viene respinto dal destino proprio sul più bello. Da pallone d'oro in carica. Simbolicamente inizia lì il suo declino, rimanendo pur ottimo giocatore da grandi colpi ma perdendo per sempre lo status di "migliore al mondo". |
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06:05 26-03-2016
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Classificare è da sempre ambizione ed utopia, ognuno ha una sua personale graduatoria, giustamente (o no) nessuno ha mai pienamente ragione oppure torto.
Il calcio non è mai stato una scienza esatta, provo tuttavia sapendo appunto che sarà comunque opinabile, ad individuare le personalità trainanti del movimento, decennio per decennio. ANNI '50: ALFREDO DI STEFANO. L'Inghilterra ha appena rotto l'isolamento volontario, l'Uruguay fa piangere il Brasile che comunque si rifà a fine decennio, perde la più grande Ungheria di sempre a discapito d'una Germania Ovest, su cui ancor'oggi aleggiano sospetti fortemente dopanti. A livello di club imperversa il Real Madrid e da lì scelgo l'uomo simbolo: ALFREDO DI STEFANO. Aveva una velocità sorprendente, che gli fece guadagnare il soprannome di Saeta Rubia, 307 reti in 396 partite nel Real Madrid condite da 6 Coppe dei Campioni, da molti considerato il migliore di sempre. ANNI '60: PELE'. A dir la verità il mondo s'accorse di lui nel 1958, ai Mondiali di Svezia, con una fantastica tripletta in finale. In quel momento aveva soli diciassette anni. Giocoforza il suo decennio fu il successivo. Più di ogni altro è stato ambasciatore del calcio in ogni parte del globo, la figura di Pelé trascese i confini sportivi più di qualunque altro atleta, entrando nella storia come una delle maggiori icone contemporanee. Nel 1967 in Nigeria pur di assistere ad una sua amichevole, disputatasi a Lagos, le due fazioni in conflitto siglarono una tregua di 48 ore. ANNI '70: JOHAN CRUIJFF. La rivoluzione parte dall'Olanda, centravanti atipico che in pratica sapeva far (quasi) tutto. Estroso, geniale, dotato di una velocità e d'un senso tattico decisamente sopra la media. L'Ajax vinse 3 Coppe dei Campioni grazie a lui, nel 1973 con un trasferimento record passa al Barcellona dove continua a trionfare. Rapporto agrodolce con i Mondiali: nel 1974 la sua Olanda stupisce il Mondo grazie ad un gioco mai visto prima, passato alla storia come "Calcio Totale", tutti attaccano e tutti difendono, viene sconfessata con semplicità disarmante l'idea atavica del "ruolo fisso". Nel 1978 rinuncia invece ad andare in Argentina, in aperta polemica con l'assegnazione del torneo ad un regime dittatoriale. ANNI '80: MARADONA. Dilemma atavico nel calcio, più grande lui o Pelè? Vorrei ricordare che il brasiliano ha giocato la stessa partita per tutta la vita, Diego invece ha dovuto cambiare squadra-nazione e pure continente. A suo sfavore il fatto che quasi sicuramente, ha giocato una quantità di gare impressionante con la droga nel corpo e non vi è dubbio che quest'ultima alteri le prestazioni, facendo sentire meno la fatica ed aumentando la reattività. Sino a che è stato decisivo è stato protetto dal sistema, una volta divenuto di troppo è stato scaricato, prima da Ferlaino (Sampdoria-Napoli 1991) e poi dalla Fifa (Usa'94). ANNI '90: RONALDO. Su di lui ricordo una definizione che reputo molto calzante: " Non ha inventato nessuna finta, eseguiva semplicemente a velocità doppia o tripla, gli stessi movimenti che facevano pure prima ". Ha vinto il mondiale e da capocannoniere agli albori del decennio successivo, ma semplicemente il vero "Fenomeno" è stato quello ammirato dal '94 al '98'. Linea di spartiacque fu il misterioso malessere di Parigi, poichè la Francia restituì al mondo solo un buonissimo giocatore, capace di far la differenza anche giocando quasi da fermo tanta era la classe, ma assolutamente non paragonabile alla visione precedente. ANNI '00-'10: CRISTIANO RONALDO-MESSI. Sono stato tentato nel dare spazio a Ronaldinho, ma è veramente durato troppo poco. Kakà invece non ci ho pensato nemmeno un attimo, ha avuto qualità fuori dalla media ma in un contesto di buonissimo giocatore. Per il resto ricordo un commenti di Mario Sconcerti, relativo ai Mondiali 2006, in cui lamentava l'assenza in quel preciso momento di fuoriclasse epocali. Avrebbe dovuto attendere poco invece per essere smentito dai fatti, nell'ultimo decennio il portoghese e l'argentino hanno praticamente dominato la scena. il fatto che dal 2009 giochino poi lo stesso campionato, ha reso la rivalità ancora più mediatica. |
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06:17 24-03-2016
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Un ragazzino di dieci anni, seduto nel divano con accanto suo padre, alle prese con una passione nata da poco: il ciclismo.
Come chiunque s'affaccia per la prima volta in un contesto, elegge un personaggio di riferimento come guida ed in quell'epoca era facile trovarla in uno spagnolo, nella primavera 1994 difatti il navarro Miguel Indurain veniva da tre Tour de France vinti consecutivamente, oltre che entrambi i Giri d'Italia immediatamente precedenti. Ma in quel pomeriggio accade un fatto sorprendente, la carovana sale a Merano ed in maglia rosa non vi è il favoritissimo Indurain ma la "meteora" Berzin, ciclista che durerà lo spazio di poche settimane e giusto in tempo per vincere quel Giro, per poi essere destinato ad una carriera alquanto anonima. Impossibile, non sospettare almeno che abbia usato trucchi ed inganni, vi è stata troppa differenza tra il suo picco brevissimo e la regolarità tendente al mediocre di tutto il resto del tempo. Ma attenzione cari lettori, non è Berzin e la sua leadership a catturare l'emotività di quel ragazzino, nemmeno quella serie quasi infinita di allunghi e controscatti tipici delle tappe di montagna. Perchè in una Carrera che sembrava lavorare per il suo capitano Chiappucci, all'epoca il più famoso ciclista Italiano insieme a Bugno, un suo gregario gli scatta in faccia quasi a volersene fregare degli ordini di scuderia, quasi a voler rimarcare la voglia di creare un solco tra il prima ed il dopo e quest'ultima è una caratteristica solo dei grandissimi. Si chiamava Marco Pantani cari miei lettori e trionfò quel giorno a Merano, per i telegiornali nemmeno il tempo di gridare alla sorpresa, che poche ore dopo al Mortirolo mette in riga di nuovo tutti. E' nato un Mito. Chiude secondo, va al Tour ed arriva terzo oltre ad essere premiato come miglior giovane. Per quel ragazzino, ora entrato nell'adolescenza, da Maggio a Luglio sono i mesi di Marco, tutto il resto dell'anno è un aspettare che arrivino le salite, che arrivi il suo Eroe. Non importa se la sfortuna si diverte a mettergli i bastoni tra le ruote qualche volta di troppo, quando Marco c'è e la strada s'impenna, quel ragazzino non rimane mai deluso. Quel ragazzino ogni volta che Marco vince, corre dal padre gioioso nel riferire il tutto, quasi a voler affermare che quel pomeriggio di Merano, quello scalatore agile e calvo lo avesse scoperto lui. Come in una favola nel 1998 Marco Pantani vince praticamente tutto, ma di lì a poco l'adolescente scopre che il lieto fine che ti raccontano da bimbi e sempre presente per i buoni, da adulti è diverso e parecchio. Ora andate da quel bambino, raccontategli della Mafia, delle Scommesse Clandestine, di chi avrebbe perso troppi soldi con la sua vittoria oramai certa al Giro 1999, di come Marco Pantani in un modo o nell'altro andava estromesso dalla gara, tranquilli...quel bambino capirà... capirà che gli avete strappato per sempre una parte di lui, della sua giovinezza. |
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07:30 09-03-2016
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ANTONIO CASSANO: MA QUANTO CI SIAMO PERSI?!
Quando il talento non trova l'equilibrio. Osservo con triste malinconia gli ultimi minuti di Antonio Cassano, poteva divenire un fuoriclasse assoluto, ha solamente lasciato filtrare bagliori e seminato tracce. Ma soprattutto alimentato rimpianti, poteva e doveva essere l'uomo in più dell'Italia negli ultimi due Mondiali, è rimasto al "vorrei ma non posso", alla lunghissima lista dei talentuosi ma indolenti. Sacchi non avrebbe avuto dubbi a relegarlo nel "girone" di Borghi, l'argentino che Silvio Berlusconi voleva imporgli ad ogni costo, Arrigo sterzò deciso su Rijkard e come è andata lo sappiamo tutti. Il tesoro di Antonio è sempre stato nei piedi, quasi mai nella testa, gli hanno perdonato troppo in nome di un'infanzia difficile, ha avuto dal destino persino quella maglia Real rimasta solo nei sogni dell'ex Pupone. Protetto da Fascetti, ben gestito dal burbero Capello, non più dai suoi successori, per alcuni il talento grezzo sarebbe stato addirittura superiore a quello di Totti, la verità che ha perso troppi anni tra cassanate e chili in eccesso. Eppure lo vedi attualmente giocare da fermo, come d'altronde è abitudine da diverse stagioni a questa parte, non puoi far altro di rimanere ammaliato da quei sensori che gli permettono d'anticipare il tempo e lo spazio dell'azione. Gli stessi che mandarono al bar Panucci e Blanc in una serata barese di oramai 17 anni fa, gli stessi del "Santo Subito" in nome del solito populismo italico, gli stessi che ora gridano rabbia in nome di attese in gran parte deluse... Ps. Qualunque paragone con Mario Balotelli è totalmente fuori luogo, Cassano è la sublimazione estetica del talento applicato al calcio, in parte inespresso rispetto alle potenzialità di partenza, ma comunque indubitabile. |
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05:45 04-03-2016
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PERCHE' NON LO CONSIDERIAMO QUASI MAI TRA I PIU' GRANDI DI SEMPRE?
Chiedete al vostro compagno di banco, all'amico di serata, al barbiere di fiducia, invitate cioè ognuno di loro a snocciolarvi una lista concernente i cinque migliori calciatori della storia. Chi di loro inseririrà anche Giuseppe Meazza? Quasi sicuramente nessuno. Eppure... Meazza ha fatto con l'Italia quello che Pelè ha fatto con il Brasile e Maradona con l'Argentina. Segnava tanto e faceva segnare. Un giocatore che fa la differenza e porta la sua squadra a vincere due Mondiali e due Coppe Internazionali (coppa quest'ultima, che era l'esatto equivalente dei campionati europei). Meazza segnò in tutte le Finali, non si chiama questo essere decisivi? Epica la semifinale del Mondiale 38', avversario il Brasile. Va sul dischetto per il momentaneo 2-0, segna tenendosi con una mano le mutandine calanti (si era rotto l'elastico), mentre con l'altra prende la rincorsa. Non ancora vent'enne si laurea capocannoniere in Serie A con 31 reti. In carriera saranno 338 in 530 incontri, media peraltro largamente rovinata dalle ultime sue stagioni, difatti nel 1938 a soli 28 anni perse sensibilità ad un piede e non fu più la stessa cosa. Il meglio di Meazza era già finito a 28 anni, 267 reti in Serie A pur con l'handicap di un piede gelato così precocemente. Ma di calcio si sa quello che si può vedere. L'arte deve poter essere tramandata tramide immagini nitide per riecheggiare fortemente nei posteri. Gel-Guadagni come una star-popolarità globale-bella vita. GIUSEPPE MEAZZA fu chiaramente il punto di svolta tra un calcio pioneristico e quello che poi ancora di più con le stagioni sarebbe divenuto il football. Fare il calciatore come "status desiderato" dai giovani, tutto deriva da quegli anni...dal fascino del "Balilla"... |
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06:31 20-02-2016
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30 ANNI DI SILVIO: DA LEPRE AD INSEGUITORE.
HA CAMBIATO IL CALCIO TALMENTE TANTO CHE HA FINITO PER PERDERNE LA SCIA. Arduo riuscire a capire, se sia stato più Silvio Berlusconi a dare al Milan o viceversa. Di certo ha cambiato il modo d'intendere calcio, ha costretto gli Agnelli ad inseguire, loro che erano la lepre per antonomasia, loro la forza egemone del calcio italiano per eccellenza. Messi in discussione proprio nel punto forte: la superiorità economica. Una rincorsa affannosa ed affannata, Boniperti e Trapattoni sacrificati in quanto ritenuti inadatti a fronteggiare il nuovo che avanza(va). Il Cavaliere non si è fatto mancare nulla, dalle discese in elicottero stile salvatore della patria ed in effetti i libri contabili erano praticamente in tribunale, agli innumerevoli successi che dapprima hanno portato la squadra in cima al mondo e poi ce l'hanno confermata, più e più volte. Ma ogni Cavaliere che si rispetti ha anche il suo lato oscuro e sarebbe riduttivo ed incompleto indicarne solo uno: dal primo scudetto in cui aleggia forte l'ombra della Mafia, ai riflettori di Marsiglia con tanto di figuraccia in mondovisione, a Calciopoli dove chissà quali poteri forti hanno permesso al Milan di varcare il fiume praticamente indenne. L'Uefà sentenziò come non gradita la partecipazione rossonera, Kakà se ne infischiò ed alzo la Coppa, se valga più l'etica o il mero calcolo economico è visione ampiamente soggettiva. Oggettiva invece l'attuale difficoltà a tenere il passo del nuovo calcio, Mr.Bee un'utopica pretesa di denaro facile e con poco sforzo, l'orgoglio di Silvio gradirebbe un'uscita di scena trionfale, ma l'intelligenza dell'uomo è perfettamente consapevole... che ora è proprio lui alle prese con una rincorsa affannosa ed affannata. |
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06:17 20-02-2016
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Arduo riuscire a capire, se sia stato più Silvio Berlusconi a dare al Milan o viceversa.
Di certo ha cambiato il modo d'intendere calcio, ha costretto gli Agnelli ad inseguire, loro che erano la lepre per antonomasia, loro la forza egemone del calcio italiano per eccellenza. Messi in discussione sul loro punto forte: la superiorità economica. Una rincorsa affannosa ed affannata, Boniperti e Trapattoni sacrificati in quanto ritenuti inadatti a fronteggiare il nuovo che avanza. Il Cavaliere non si è fatto mancare nulla, dalle discese in elicottero stile salvatore della patria ed in effetti i libri contabili erano praticamente in tribunale, agli innumerevoli successi che dapprima hanno portato la squadra in cima al mondo e poi ce l'hanno confermata, più e più volte. Ma ogni Cavaliere che si rispetti ha anche il suo lato oscuro e sarebbe riduttivo ed incompleto indicarne solo uno: dal primo scudetto in cui aleggia forte l'ombra della Mafia, ai riflettori di Marsiglia con tanto di figuraccia in mondovisione, a Calciopoli dove chissà quali poteri forti hanno permesso al Milan di varcare il fiume praticamente indenne. L'Uefà sentenziò come non gradita la partecipazione rossonera, Kakà se ne infischiò ed alzo la Coppa, se valga più l'etica o il mero calcolo economico è visione ampiamente soggettiva. Oggettiva invece l'attuale difficoltà a tenere il passo del nuovo calcio, Mr.Bee come chimera invece che concreta realtà, l'orgoglio di Silvio vorrebbe un'uscita di scena trionfale, l'intelligenza dell'uomo è perfettamente consapevole che ora è lui... quella lepre dalla rincorsa affannosa ed affannata... |

