TESSERA GOLDLEAGUE

 

Un bambino di dieci anni, seduto nel divano con accanto suo padre, alle prese con una passione nata da poco: il ciclismo.
Come chiunque s'affaccia per la prima volta in un contesto, elegge un personaggio di riferimento come guida ed in quell'epoca era facile trovarla in uno spagnolo,
nella primavera 1994 difatti il navarro Miguel Indurain veniva da tre Tour de France vinti consecutivamente, oltre che entrambi i Giri d'Italia immediatamente precedenti.
 
Ma in quel pomeriggio accade un fatto sorprendente,
la carovana sale a Merano ed in maglia rosa non vi è il favoritissimo Indurain ma la "meteora" Berzin, ciclista che durerà lo spazio di poche settimane e giusto in tempo per vincere quel Giro, per poi essere destinato ad una carriera alquanto anonima. Impossibile, non sospettare almeno che abbia usato trucchi ed inganni, vi è stata troppa differenza tra il suo picco brevissimo e la regolarità tendente al mediocre di tutto il resto del tempo.
 
Ma attenzione cari lettori, non è Berzin e la sua leadership a catturare l'emotività di quel bambino, nemmeno quella serie quasi infinita di allunghi e controscatti tipici delle tappe di montagna.
 
Perchè in una Carrera che sembrava lavorare per il suo capitano Chiappucci, all'epoca il più famoso ciclista Italiano insieme a Bugno, un suo gregario gli scatta in faccia quasi a volersene fregare degli ordini di scuderia, quasi a voler rimarcare la voglia di creare un solco tra il prima ed il dopo e quest'ultima è una caratteristica solo dei grandissimi.
Si chiamava Marco Pantani cari miei lettori e trionfò quel giorno a Merano, per i telegiornali nemmeno il tempo di gridare alla sorpresa, che poche ore dopo al Mortirolo mette in riga di nuovo tutti.
E' nato un Mito. Chiude secondo, va al Tour ed arriva terzo oltre ad essere premiato come miglior giovane.
 
Per quel bambino, oramai nel frattempo entrato nell'adolescenza, da Maggio a Luglio sono i mesi di Marco, tutto il resto dell'anno è un aspettare che arrivino le salite, che si alzi sui pedali il suo Eroe.
Non importa se la sfortuna si diverte a mettergli i bastoni tra le ruote qualche volta di troppo, quando Marco c'è e la strada s'impenna, quel ragazzino non rimane mai deluso.
 
Quel ragazzino ogni volta che Marco vince, corre dal padre gioioso nel riferire il tutto, quasi a voler affermare che quel pomeriggio di Merano, quello scalatore agile e calvo lo avesse in un certo senso scoperto lui, nonostante fosse stato semplicemente sul divano.
 
E come in una favola nel 1998 Marco Pantani conquista la Maglia Rosa e poi anche quella Gialla,
ma di lì a poco e quasi sul più bello l'adolescente scopre che il lieto fine che ti raccontano sovente da bimbi e sempre presente per i buoni, da adulti è diverso e pure parecchio.
 
Ora tornate da quel bambino,
raccontategli della Mafia, delle Scommesse Clandestine, di chi avrebbe perso troppi soldi con la sua vittoria oramai certa al Giro 1999, di come Marco Pantani in un modo o nell'altro andava estromesso dalla gara,
tranquilli...quel bambino capirà...
capirà che gli avete strappato per sempre una parte di lui,
della sua giovinezza.
Capirà anche perchè suo padre, pur assecondandolo, veniva trasportato con meno enfasi,
semplicemente sapeva già come a volte la vita si diverte con i buoni.
 
Marco Pantani era per i sognatori.
Nessuno più di un bambino, ha dentro di sè talmente terreno fertile
ed ancora incontaminato per accogliere senza remore l'utopia, i sogni, i Miti e gli Eroi.
Marco Pantani rimarrà per sempre in quel bambino ora uomo,
statene certi.

  • 0